Agli Oscar trionfa Nomadland di Chloé Zhao

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Miglior film, miglior regia, migliore attrice protagonista. Sono tre le Statuette che conquista il film di Chloé Zhao, Nomadland, tratto dall’omonimo libro-inchiesta di Jessica Bruder, e già vincitore del Leone d’Oro a Venezia. Siamo nel 2011, in Nevada. Fern, la protagonista, interpretata da una straordinaria Frances McDormand, dopo la perdita del lavoro e la scomparsa del marito, non esita a caricare sul suo van le cose indispensabili per intraprendere un lungo viaggio attraverso gli States, quelli più poveri, alla ricerca di lavori saltuari che possano dare ancora un senso alla propria esistenza. Una partenza forzata, quindi, la sua, non certo una scelta. Presto rimarrà sorpresa di non essere l’unica a doversi rassegnare a una tale scelta: la strada, che sarà centrale nel racconto, le farà incontrare molti suoi simili, a volte incrociati di passaggio, altre volte quasi residenti in veri e propri accampamenti.

La previdenza sociale e le forme più elementari di Welfare sono i grandi assenti di un contesto sociale americano alle prese con la recessione economica che impera, non solo in America, già dal 2007. Il film è molto malinconico, forse anche un po’ lento nella narrazione. Rimediano, in tal senso, un montaggio “frizzante” e l’indubbia bravura della Zhao. E c’è anche rassegnazione tra i viaggianti, obbligati a trovare di meglio. Volta per volta. Vorrebbero poter allungare la durata di quei lavori spesso brevi e per questo saltuari.

Impossibile. Anzi, agli occhi della regista essi appaiono persone usa e getta, sfruttate con ritmi lavorativi disumani. Anche la strada, risultata sempre, nel cinema americano, come sinonimo di frontiera, di fuga, di avventura e di confronto anche conflittuale con gli “altri” di oltre confine, appare come desolata, chiusa e limitata nonostante le vedute, che tutti conosciamo, dei paesaggi americani.

La natura selvaggia delle aree desertiche offre materia prima a Joshua James Richards che ci restituisce una fotografia di alta qualità. Notevole, anche se inevitabilmente mesta, la colonna sonora affidata a Ludovico Einaudi. Ci piace ricordare, per chiudere, che Frances McDormand è al suo terzo Oscar. Eguaglia così Meryl Streep. Meglio di loro, con quattro Statuette, ha fatto solo la mitica Catharine Hepburn. Almeno finora.

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