Nel ricordo e nel segno di Alberto Sordi, mito d’Italia

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Il 15 giugno prossimo saranno trascorsi 90 anni dalla nascita di un mito, un uomo importante all’interno del cinema italiano, uno di quegli attori che hanno saputo fare la storia al fianco di Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni.
Non possiamo però non ricordare che sono trascorsi anche 7 anni dalla sua morte, per la quale venne organizzato un funerale/omaggio con la presenza di 500mila persone tra fan e sostenitori pronti a seguire e ad attendere in fila per ore pur di potergli concedere l’ultimo saluto.
L’Albertone nazionale é stato un vero orgoglio del popolo italiano, colui che rappresentava i sentimenti, le paure e le credenze dei cittadini mentre il Paese si avvicinava alla deriva. Attraverso il suo modo di fare cinema la nazione intera si sentiva raccontata, si guardava, mentre intorno continuavo a succedersi epoche, momenti, periodi di ricostruzione, sino al boom economico.

Possiamo di certo dire che la commedia italiana ha dato molto ad Alberto, ma con il tempo é stato lui stesso a diventare punto fermo della commedia italiana. Rappresentava e dava vita a personaggi, tutti con un carisma negativo, considerati “l’italiano medio“, reali, dipinti con cattiveria, personaggi deboli, servili, “potenti prepotenti”, pronti a tutto per ottenere un minimo privilegio.
Sordi ebbe modo di lavorare con molti registi importanti, quali Fellini, Monicelli, Mastrocinque, Zampa, Risi e Scola, diventando per loro simbolo di “italianità”, collaborando spesso con soggetto e sceneggiatura, prima di intraprendere una carriera da regista e dar vita a 19 pellicole.
Come dimenticare il suo mitico “Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Questo ‘o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co’ questo ce ammazzamo ‘e cimici”, nell’indimenticabile scena di “Un americano a Roma del 1954, dove interpretava Nando Mericoni.


Venne premiato 7 volte ai David di Donatello, quattro Nastri d’Argento, un Leone d’oro alla Carriera, numerosi trofei e addirittura il titolo di Cavaliere di Gran Croce. Nel 2000 divenne anche sindaco per un giorno, accettando la fascia dall’allora primo cittadino di Roma Francesco Rutelli.
Restano i ricordi, i sorrisi e i successi di un grande uomo che tanto ha fatto ridere, fino al momento in cui non apparve uno striscione con scritto “Stavorta c’hai fatto piagne” esposto il giorno del suo ultimo addio.


Alessandra Battistini

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